venerdì 28 maggio 2010

I giovani italiani emigrano in Bulgaria. Anche.



Bell'atmosfera, bella musica, indie rock, jazz, elettro-pop sperimentale...
Tanti ragazzi chiaramente, di come non se ne vedono di solito in giro per le strade del centro: i cosiddetti "alternativi" che s'ispirano alle più diverse sotto-culture di matrice americana o inglese. In questa marea ondeggiante sul prato davanti allo stage, chi ti vado a incontrare? Due ragazzi italiani che vivono e lavorano qui stabilmente, non come me che sono una nomade dei programmi internazionali di educazione superiore.

Alessandro. 30 anni, lavora in un'agenzia che si occupa di comunicazione finanziaria, guadagna 1000 euro al mese, che in Italia è ancora lo stipendio medio di molti giovani precari ma qui sono una piccola fortuna che ti permette di avere un bell'appartamento in centro, mettere da parte qualche soldo e non farti mancare la giusta dose di divertimento. Era venuto la prima volta in Bulgaria con il progetto Erasmus e dopo una tesi sulla sociologia dei consumi nel periodo di transizione dei paesi ex-URSS verso il libero mercato e l'inutile conquista della dignità di stampa che non gli è però valsa a continuare gli studi con un dottorato a Torino, ha deciso di tornare a Sofia dove vive ormai da 4 anni e progetta di sposarsi in estate.

Roberta. 27 anni, lavora nel customer service di un'azienda che offre servizi per l'HP in Italia. Guadagna 700 euro, non una grande somma, ma ampiamente al di sopra del salario medio bulgaro che è sui 300 euro al mese. Anche lei, dopo gli studi all'Orientale di Napoli, una borsa di studio Mae-Crui che le ha permesso di lavorare e studiare in Corea del Sud per 4 anni e di laurearsi in Cinema con una "sottovalutata" tesi sul cinema nord-coreano che non le è valsa neanche un punto in sede di discussione in Italia (pur partendo da punteggio di 108!) si è ritrovata quasi per caso, grazie al consiglio di un'amica, qui in Bulgaria dove in effetti pare ci sia una certa richiesta di plurilingue.

Non posso dire di essere rimasta scioccata dal racconto della totale mancanza di opportunità SERIE che Alessandro e Roberta si sono trovati ad affrontare in Italia. In effetti, è qualcosa che conosco molto bene, avendo provato a cercare un lavoro decente per un anno e mezzo senza trovare altro che le porte aperte (per un contratto di un mese, non esageriamo!) del call center della Vodafone...Fino a questo momento, ho continuato però a pensare che IO fossi vittima di un'anomalia, di un incidente di percorso, o peggio, che fosse colpa mia se non trovavo lavoro, perché il mio background accademico e professionale non erano adeguati all'esigente mondo del lavoro. In fondo, un 110 e lode in lettere non è un capitale da sfruttare, niente dignità di stampa per la mia tesi in sociolinguistica, figuriamoci aver lavorato un anno per un'ong in Croazia e cavarmela bene con inglese e francese. E no, il mercato del lavoro non se ne fa nulla di operatori culturali o della comunicazione; ingegneri, medici, avvocati è questo il ritornello che mi sento ripetere più o meno dalla nascita.

Eppure oggi in Italia faticano anche loro. Fatichiamo tutti, bravi e meno bravi, a trovare la nostra strada e molti - sempre di più - se ne vanno. Anche un paese come la Bulgaria sembra offrire di più, e non solo agli stranieri: tutti i ragazzi bulgari sotto i 25 anni che ho conosciuto qui lavorano, e alcuni con ottime posizioni che, se non propriamente remunerative, danno possibilità di carriera. Maja a 24 anni è già PR coordinator presso il canale televisivo bulgaro Nova e controlla uno staff di 8 persone; Violeta a 26 anni è senior researcher e project manager presso un istituto di ricerche sociologiche. Trasportando questi ruoli in Italia, sembra impensabile arrivarci prima della trentina (per tenermi larga).

Sembra solo a me assurdo? C'è qualcosa di malato e asfittico nel nostro paese che non permette alle forze intellettuali migliori, quelle dei giovani sotto i trent'anni , di essere impiegate laddove servirebbe il loro apporto costruttivo e non a rispondere per 8 ore ad un telefono?

In Italia la gente si ammazza per i propri diritti economici


Nel gennaio del '69 Jan Palach, uno studente di filosofia 21enne, si uccideva dandosi fuoco davanti a una folla esterefatta per comunicare con tutta la forza della disperazione la sua irriducibile integrità di fronte all'inumanità della dittatura sovietica. Come altri prima e dopo di lui è diventato un simbolo potente dell'immaginario democratico - e dei mezzi di propaganda occidentale - che hanno favorito la caduta del muro, incarnando l'ideale di libertà e di lotta senza condizioni per i propri diritti civili e politici, quei diritti che - si sosteneva a ragione - venivano spietatamente soppressi nei paesi del blocco.

Vent'anni dopo il crollo del muro, mentre si susseguono le operazioni di restyling sulle facciate democratiche dei nostri bei paesi, occidentali e progressisti, Mariarca Terracciano, un'infermiera italiana in un ospedale di Napoli, decide di salassarsi 150 ml di sangue al giorno in segno di protesta per il mancato pagamento dello stipendio, in ritardo da mesi. Mette il video della protesta su Youtube per dare spiegazione del suo gesto disperato e ottenere visibilità.


Ora, questa donna, moglie e madre di due bambini, dopo 15 giorni di continui salassi è morta e solo allora i media hanno gridato allo scandalo, ma non quello che una persona nel pieno delle sue facoltà mentali potrebbe aspettarsi: "protesta shock" titolano i principali giornali del paese, lo scandalo è l'autolesionistica modalità di protesta, l'ipocrisia del video postato su youtube, il macabro esibizionismo, e così via. Come al solito, si guarda al dito e non alla luna.

Le autorità competenti, l'Asl della provincia di Napoli, il Ministero tacciono, i politici del circondario non si fanno vedere, neanche a parlarne. Questa non è una questione politica, giusto? Una donna si è letteralmente svenata perché da mesi le negano l'unica fonte di sostentamento con cui mandare avanti la famiglia, con un coraggiosissimo gesto di folle disperazione grida al mondo la necessità del suo diritto a percepire lo stipendio per le prestazioni fornite, ma nulla, nessuno sente la benché minima responsabilità per quanto successo.

Il paragone col gesto di Jan Palach mi sembra più che appropriato, anche se spero non trovi altrettanti emuli. Che razza di paese è diventato l'Italia? Un paese in cui la democrazia è sinonimo del televoto per il programma preferito in tv, un paese in cui i giovani non hanno prospettive e sono nuovamente costretti ad emigrare, un paese in cui i diritti economici e sociali degli individui, sacri ed inviolabili al pari di quelli politici e sociali che venivano tanto sbandierati ai tempi dell'URSS, sono sistematicamente calpestati sulla pelle della generazione dei precari, dei lavoratori sovra-qualificati e sotto pagati, degli operai che sono finiti perché la nostra è una società che non produce più nulla, dei pensionati alla fame, dei lavoratori a progetto, delle vittime del mercato libero degli affitti che erode la metà di un già misero salario.

Oggi la gente in Italia soffre e arriva ad uccidersi in nome dei propri diritti economici, né più né meno di come in altri parti del mondo, sotto regimi più o meno spietati, centinaia di uomini e donne si sono immolati in nome delle libertà politiche. La povertà indotta nel ceto medio italiano dalle scelte sconsiderate della politica e da un clientelismo mai debellato è a tutti gli effetti la più grave violazione dei diritti umani degli italiani negli ultimi 50 anni ed è ora di agire.

Ciao Mariarca.